Uno degli elementi più importanti da valutare nella scelta di un mutuo è sicuramente il tasso di interesse che verrà applicato dalla banca sul finanziamento.
Come sappiamo, infatti, il debitore non dovrà soltanto rimborsare l’intero ammontare del capitale richiesto, ma anche pagare una somma, calcolata in percentuale, denominata “interesse”.
Esistono diversi tipi di tassi di interesse applicati a un mutuo:
- tasso fisso: la rata rimane costante per tutto il periodo di ammortamento
- tasso variabile: si modifica a scadenze prestabilite rispetto al tasso di partenza, seguendo le oscillazioni di un parametro di riferimento (che vedremo in seguito), di solito stabilito sui mercati monetari e finanziari
- tasso variabile con cap (tetto massimo): un tasso variabile che prevede un limite massimo entro la quale la rata non può spingersi
- tasso variabile a rata costante: rata mensile fissa, ma durata del rimborso variabile in base alle oscillazioni del mercato
- tasso misto: un alternarsi tra tasso fisso e quello variabile in base a determinate condizioni stabilite dal contratto
- tasso doppio: mutuo suddiviso in una parte con tasso fisso e in un’altra parte con tasso doppio (opzione poco praticata in Italia)
In questa guida, ci concentreremo sui due tipi di tasso più diffusi tra le offerte mutui: il tasso fisso e il tasso variabile.
La scelta tra tasso fisso e variabile è molto spesso soggettiva e legata alle singole necessità ed esigenze di ciascun richiedente mutuo.
I parametri di riferimento dei tassi e lo spread
I tassi di interesse vengono applicati tenendo conto di specifici parametri di riferimento.
Per il tasso fisso, il parametro di riferimento è l’Eurirs (o Irs - Euro Interest Rate Swap), mentre per il tasso variabile i parametri di riferimento sono l’Euribor (Euro Interbank Offered Rate) oppure il tasso ufficiale fissato dalla Banca Centrale Europea, il cosiddetto “Tasso BCE”.
Quando parliamo di Euribor facciamo riferimento a un indice calcolato quotidianamente in base al tasso che le banche europee si applicano l’una con l’altra nelle varie transazioni finanziarie, distinto in base alla sua durata.
Non c’è un solo indice Euribor e, pertanto, per conoscere il tasso che verrà applicato al mutuo occorre individuare l’esatta denominazione dell’indice utilizzato dalla banca mutuataria: per esempio media Euribor 3 mesi o tasso Euribor oggi, ecc.
L’Euribor viene pubblicato giornalmente dalla Federazione Bancaria Europea e può essere a 1 mese, 3 mesi e 6 mesi.
Trattandosi di un indice utilizzato per il calcolo del tasso variabile, può essere assai utile conoscerne l’andamento storico.
Per esempio, è interessante osservare che nell’ultimo decennio il tasso Euribor a 3 mesi ha avuto un trend quasi costantemente discendente, passando dal 1,42% del dicembre 2011 a un tasso negativo (-0,58%) a dicembre 2021.
Nel medesimo periodo, l’IRS a 20 anni è passato da 2,8% da 0,33% (i dati sono tratti da Il Sole24Ore).
Come si vede, entrambi i tassi negli ultimi dieci anni hanno registrato un andamento decrescente, del quale ha beneficiato chi ha preferito l’applicazione del tasso variabile.
Il tasso BCE è assai poco praticato in quanto l’Euribor si posiziona quasi sempre a un livello leggermente inferiore rispetto al tasso BCE (a parte la breve parentesi di fine 2008 in cui il tasso Euribor superò la soglia del 5% superando di circa un punto percentuale il tasso BCE). Dal 2016 gli Euribor sono in area negativa, mentre il tasso BCE è pari a 0, di conseguenza un mutuo indicizzato all'Euribor risulta più conveniente.
A tali parametri le banche aggiungono una maggiorazione detta spread, che rappresenta la differenza tra il parametro di riferimento e il tasso effettivamente applicato.
Poiché i parametri di riferimento sono uguali per tutti gli intermediari, è sulla misura dello spread che si gioca la competizione tra le banche. Lo spread rappresenta, pertanto, una delle principali informazioni che il cliente deve assumere per scegliere la proposta più conveniente sul mercato.
Quando scegliere il tasso fisso
A scegliere il tasso fisso sono soprattutto i mutuatari che prediligono la certezza di una rata fissa mensile non suscettibile di variazioni nel tempo, specie tenuto conto del lungo periodo di ammortamento che normalmente caratterizza un mutuo per l’acquisto di un immobile.
Si tratta, verosimilmente, di persone che dispongono di un reddito pressoché fisso, suscettibile di aumenti contenuti nel tempo, che preferiscono che il rapporto rata/reddito rimanga costante per il tutto il tempo di rimborso del mutuo.
Questa scelta evita spiacevoli sorprese durante il periodo di rimborso ma comporta la rinuncia ai possibili vantaggi legati alle fluttuazioni dei mercati finanziari.
Quando scegliere il tasso variabile
Ad optare per il tasso variabile sono, invece, soggetti che hanno solitamente redditi medio-alti con un rapporto rata/reddito assai più favorevole e che non temono le oscillazioni dei mercati finanziari.
Chi ha una maggiore capacità economica, infatti può far fronte ad una rata più alta rispetto al previsto senza entrare in difficoltà. Situazione che, invece, andrebbe a danneggiare chi ha un budget inferiore.
Il tasso variabile è più economico del fisso in una prima fase, ma può subire variazioni nel tempo a seconda delle fluttuazioni dei tassi. Le rate possono andare incontro a costanti cambiamenti: in questi casi non si può avere un’idea precisa del costo totale del mutuo.
Tassi di interesse: qualche previsione
Cosa succederà nei prossimi mesi?
Benché sia difficile fare previsioni sui tempi lunghi, c’è almeno un dato che permette di ipotizzare che nel breve periodo i tassi d’interesse bancari subiranno un aumento che farà inevitabilmente aumentare le rate dei mutui, salvo ovviamente chi ha contratto in passato un mutuo a tasso fisso.
Si tratta dell’aumento del tasso d’inflazione. La prevista crescita dell'inflazione, secondo gli osservatori, oltre che fare lievitare i costi delle bollette determinerà certamente un aumento dei tassi fissi che supereranno nuovamente, come non accadeva dal 2019, la soglia dell'1%.
Nel mese di ottobre l'indice dei prezzi al consumo nei Paesi dell'Ue è arrivato al 4,1% su base annua (+ 0,4% rispetto a settembre), tornando ai livelli del 2008.
Gli analisti de Il Sole 24 Ore sostengono che per ora si tratta di "inflazione da offerta", causata cioè da una temporanea carenza di alcune materie prime, che avrebbe andamento temporaneo perché verrebbe presto, per la maggior parte, riassorbita con l’aggiustamento della produzione.
Il timore è che ciò potrebbe non accadere per una parte più o meno rilevante di essa, tanto che la cosiddetta "break even inflation" (l'inflazione attesa nei prossimi 5 anni e per i successivi 5) sarebbe salita al 2,08%, cioè ai livelli del 2013. Gli esperti ipotizzano che la Bce possa di conseguenza puntare ad un innalzamento dei tassi.
L’aumento dei tassi fissi è rilevante nell’orientare la scelta dei richiedenti un mutuo, perché l’attuale incertezza dei mercati monetari mondiali spingerebbe gli utenti a prediligere proprio questi tassi, abbandonando il tasso variabile malgrado l’attuale maggior convenienza.
In concreto avviene che teorizzare un aumento dei tassi finisce per avverarne la previsione, infatti gli indici Eurirs, che abbiamo visto essere quelli di riferimento per chi punta ad un mutuo con tasso fisso, sta già subendo un rialzo: agli inizi del 2021 l’Eurirs a 20 anni era negativo (-0,02%) mentre ora è quasi allo 0,5%.
Conclusione
Come abbiamo visto, la scelta del tasso di interesse tra quello fisso e quello variabile è molto soggettiva, legata a specifiche caratteristiche in capo al richiedente nonché al momentum di mercato. Le fluttuazioni di mercato, infatti, possono rendere il tasso di interesse variabile alternativamente più conveniente e meno conveniente rispetto al tasso fisso.
Pertanto, all’utente non resta che approfondire adeguatamente il funzionamento dei tassi di interesse, in modo da valutare con accuratezza le varie offerte di mutui disponibili sul mercato.