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19 Novembre 2021

Lo stop del Governo al Cashback: quali sono i motivi?

La sospensione del Cashback voluta dal Governo non è arrivata inaspettata. Era ormai da diverso tempo che la misura, fortemente voluta dal precedente Presidente del Consiglio Conte, fosse sotto attacco da più parti.

È lo stesso Draghi a spiegare il perché della sospensione del Cashback, definendo la misura “troppo onerosa per le casse dello Stato e a carattere regressivo che incentiva le fasce a reddito più elevato”.

La platea del Cashback

Stando a quanto emerso dalle prime valutazioni effettuate dal governo, l’identikit tratteggiato dell’utente tipo” descriverebbe un capofamiglia di età inferiore ai 65 anni con reddito medio-alto, residente al nord e, in particolare, nelle grandi città.

L’utilizzo del condizionale è d’obbligo in quanto, al momento, si tratta di considerazioni non ancora supportate da dati certi.

Tradotto in soldoni sembrerebbe quindi che a trarre maggior vantaggio dalla misura siano state tendenzialmente persone che non ne avevamo particolare necessità e che siano stati lasciati fuori dalla platea di fruitori i cittadini a basso reddito, con il conseguente rischio di accentuare ulteriormente la sperequazione dei redditi.

Cashback e utilizzo dei pagamenti digitali

Un’altra considerazione che ha portato allo stop del cashback è quella relativa ai dati di utilizzo di bancomat e carte di credito per effettuare gli acquisti. Non esiste infatti al momento nessuna evidenza sul fatto che il piano cashback abbia incrementato l’utilizzo dei pagamenti elettronici.

Quasi il 73% delle famiglie spendeva - e spende – tramite carta già più del limite minimo previsto dal provvedimento.

La maggior parte delle persone quindi potrebbe trarre vantaggio dal Cashback statale senza cambiare di una virgola il suo comportamento.

Chi invece non utilizza carte e bancomat, o chi le utilizza per un importo inferiore a quello richiesto per aver diritto al rimborso, dovrebbe aumentare la sua spesa tramite carta di circa il 40% contro l’1% dei più abbienti.

Ciò significa che lo Stato, per coprire i costi del cashback, avrebbe speso inutilmente risorse destinate ad un incremento nell’utilizzo delle carte che, in realtà, non sembrerebbe essersi verificato.

I costi del Cashback

Ed è proprio sui costi del cashback che i detrattori si sono maggiormente concentrati: il piano cashback è costato circa 4,75 miliardi di euro. Non a caso il governo ha deciso di inserire la sospensione del cashback all’interno del nuovo Decreto Lavoro nel quale è contenuta anche la norma relativa allo sblocco dei licenziamenti. Le risorse impiegate per coprire i rimborsi del cashback per il prossimo semestre verrebbero quindi destinate agli ammortizzatori sociali a seguito dei licenziamenti.

Nata quindi come misura per contrastare l’evasione fiscale, disincentivando l’utilizzo del contante a favore dei pagamenti elettronici (e quindi tracciabili), il cashback non ha avuto vita facile.
Sarà il 2022 a dirci con più certezza se la misura godrà di nuova vita o se sarà definitivamente messa nel dimenticatoio. 

Autore dell’articolo

Alfredo De Cristofaro Autore
Alfredo de Cristofaro
Founder
Laureato in Economia e Finanza, dopo aver lavorato a lungo presso uno dei principali intermediari finanziari in Europa, ha deciso di mettere a disposizione dei risparmiatori le conoscenze maturate nel corso degli anni. Su QualeBanca.com si occupa di recensire banche e conti, assicurandosi che vengano garantiti i più alti standard di sicurezza e trasparenza.

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